Psicologia
Una scienza e più psicologie per cogliere il prodigio del pensare, del sentire, del parlare… “ciò che è dentro” l’individuo e i suoi comportamenti.
L’interesse per la psicologia anche fra i non addetti ai lavori è, oggi, innegabilmente molto diffuso; si può dire che si è affermato un “approccio psicologico” agli eventi, ai fatti che conseguono ai comportamenti individuali e collettivi, l’impressione che esista un livello di lettura delle cose meno immediato di quello che si offre ad un primo sguardo e che investe non solo ciò che accade “fuori”, ma anche quello che si trova “dentro” ciascuno.
Del resto, la “ricerca del significato” (Bruner) come tentativo di trovare una ragione plausibile al verificarsi delle cose, è una tensione che da sempre caratterizza l’umano; anche per effetto di questo, pur senza essere necessariamente degli psicologi di professione, quella psichica è una dimensione di cui tutti hanno esperienza diretta, sia per l’osservazione degli altri che di sé stessi.
Acquisire conoscenze su “come funzioniamo” e sulle dinamiche psicologiche che entrano in gioco in ogni relazione interpersonale, è utile per maturare uno spessore umano capace di empatia, di sensibilità verso gli altri, di ascolto attivo, di disponibilità ai comportamenti di collaborazione e sostegno e, in generale, capace di sintonizzarsi in modo più adeguato sia con il proprio mondo interiore che con quello esterno.
La tensione al significato e l’esperienza all’interno di un comune contesto di vita, producono convinzioni psicologiche condivise: il senso comune. Si tratta dunque di un bagaglio di conoscenze già acquisite e interiorizzate. Se questo “materiale di base” ha il pregio di rendere le persone familiari al mondo psichico, nasconde però il rischio di trattenerle ad un livello di conoscenza superficiale, che non sia confortata (o lo sia solo parzialmente) dai dati della ricerca scientifica; il bagaglio di conoscenze posseduto potrebbe, dunque, rivelarsi erroneo e, perciò, fuorviante. Accostando, invece, tali dati si può intanto giudicare la consistenza delle conoscenze e credenze preesistenti e tale autoconsapevolezza rende maggiormente pronti a correggerle, così da non lasciarsi influenzare da esse. Il sistema di credenze e di idee circa il funzionamento psichico è infatti potente nell’influenzare il comportamento individuale, dato che ciascuno, normalmente, interpreta la realtà e prende decisioni sostenuto precisamente da quello.
A ciò si aggiunga la complessità della dimensione psichica, i cui ambiti non sono ben definiti e possono essere letti e organizzati diversamente secondo le varie posizioni teoriche che caratterizzano la psicologia; pertanto, le definizioni che, all’inizio di ogni ricerca, si sente il bisogno di formulare, non risultano così piane come ci si potrebbe aspettare.
La stessa storia della psicologia (a cui qui possiamo solo accennare) illustra bene questo fatto, a cominciare dal proprio nome. E’ relativamente semplice definire, in termini generali, la Psicologia (dal greco psyché, spirito, anima e logos, parola, discorso, studio) come la scienza che si occupa in modo sistematico della psiche; ma la psiche cos’è, esattamente? Cioè, qual è l’oggetto di studio della psicologia? L‘indagine intorno a questo tema è antica e possiamo ritrovarne le tracce nella documentazione scritta che è giunta fino a noi, particolarmente nei filosofi della Grecia classica, i cui discorsi contengono già le affermazioni che, molti secoli dopo, avrebbe fatto la Psicologia intesa al modo moderno come Scienza. Indichiamo, su tutti, un trattato considerato il libro di psicologia più importante del mondo antico, il Perì psychés (“Sulla psiche”) di Aristotele, forse più noto col titolo latino “De anima”.
Psicologia, dal greco psyché (spirito, anima) e logos (parola, discorso, studio)
Da quella fondamentale, densissima indagine, passando per i contributi di studiosi di varia formazione che si sono succeduti lungo i secoli, il che cos’è della psicologia si è declinato in una pluralità di aspetti, quali le emozioni, il pensiero, la memoria, il linguaggio, la personalità…e tutti si raccordano in quella che, anche a senso comune, identifichiamo come “vita psichica”.
C’è un implicito accordo fra gli psicologi riguardo al fatto che l’oggetto di studio sia appunto la vita psichica, meno condiviso il come, se cioè affrontarla in modo diretto (ad esempio guardando in sé stessi e analizzando ciò che si trova a livello cosciente) o attraverso le sue espressioni, che possono essere uno stato fisiologico, un comportamento, una manifestazione dell’inconscio come il lapsus o il sogno. Da questa differenza di modo e dall’assumere una particolare espressione della vita psichica quale oggetto privilegiato di studio, derivano i diversi orientamenti teorici interni alla psicologia, consolidati nelle principali scuole del Novecento che oggi, pur mantenendo le loro specificità, hanno comunque perso il carattere di scuola “chiusa” per ritrovare, nel dialogo con l’intera comunità degli psicologi, il senso di un sapere fondamentalmente unitario.
Abbiamo così, ad esempio, la psicoanalisi (studio della personalità), il comportamentismo (studio dell’apprendimento e della memoria), il cognitivismo (studio dei processi mentali “superiori”: linguaggio, pensiero, immaginazione, creatività), la scuola di Ginevra (sviluppo cognitivo infantile). Le scuole della grande stagione del Novecento sono oggi sottoposte a critica dall’orientamento della psicologia postmoderna, per il fatto di aver elaborato una concezione della mente umana generale e universale, non considerando cioè il ruolo che i diversi contesti socio-culturali, storicamente situati, hanno invece nel suo funzionamento.
Mi prendo cura dell’altro perchè sono in relazione con lui
Infine, una nota riguardo la funzione terapeutica della psicologia; a parte i percorsi propriamente clinici, svolti nelle giuste sedi e secondo metodologie derivanti dai diversi orientamenti teorici, a livello di approccio diffuso alla psicologia si possono fare alcune considerazioni: esiste un “prendersi cura” dell’altro che, indipendentemente dallo svolgere una professione che comporta la “presa in carico” di qualcuno (le cosiddette “professioni di cura”, appunto, o “d’aiuto”), riguarda ognuno e reciprocamente, per il fatto di essere persone in relazione l’una con l’altra.
La condizione di vulnerabilità è certamente più pronunciata in persone che si trovano in particolari situazioni esistenziali (malattia, disagio sociale, dipendenze, violenze…), con gradi di pesantezza diversi e che richiedono interventi specifici e qualificati; ma anche al di fuori di queste situazioni, è diffuso un senso di fragilità, solitudine, pressione esterna ed altri elementi collegabili alle caratteristiche della nostra società attuale. La psicologia può dare un contributo notevole alla comprensione di sé stessi e degli altri.